mercoledì 14 gennaio 2015

L'insediamento rupestre di Vitozza


A San Quirico, una frazione di Sorano "Città del Tufo" in provincia di Grosseto, si trova l'insediamento rupestre più esteso del centro Italia: Vitozza, l'antica "Vitoccium".

Su un sito abitato già in epoca etrusca e romana, sorse nel XI secolo su un pianoro tufaceo quest'antica città, stretta intorno al castello costruito dalla famiglia Aldobrandeschi.

una grotta
Alcune delle oltre duecento grotte usate come abitazione, ricovero per animali e luoghi di lavoro, furono frequentate e popolate sino almeno al censimento dei Lorena fatto nel Settecento.

sito di Vitozza
In un ambiente naturale di grande bellezza, di querce e cerri, si può fare una passeggiata bucolica tra i ruderi dei tre castelli e della chiesa diroccata, circondati dalle numerose abitazioni scavate nel tufo, lungo un percorso a forma di anello allungato.

una grotta

Vitozza faceva parte di un feudo degli Aldobrandeschi e nel 1284 fu concesso ai signori di Baschi.

resti della porta della cinta muraria
I lati ovest, nord-ovest e nord-est dell'abitato erano difesi naturalmente dagli scoscesi dirupi del pianoro, mentre sul lato sud-ovest nel medioevo furono costruite in tufo una cinta muraria e una rocca.

resti di una porta
accesso ai ruderi del primo castello
resti del primo castello

sito del primo castello





Di questa rocca rimangono pochi resti: parti di muratura, forse appartenute ad una torre, e resti di un pozzo con cisterna.



La città fu attaccata a più riprese dagli Orvietani e dai Senesi.
Quando nel 1455 i Senesi dovettero lasciare questo loro possedimento in mano degli Orsini, distrussero le fortificazioni, la chiesa e i castelli.



Divenuta insicura la città fu piano piano abbandonata.










Le prime grotte che s'incontrano lungo il percorso sono ancora adoperate come cantine e garage, alterando non poco la magia del luogo.

grotte ancora utilizzate
Nelle grotte di varie forme e dimensioni, costituite da uno o più ambienti, e a volte su due piani, si possono ancora osservate le nicchie scavate nel tufo, le mensole, la canna fumaria dei forni, i fori per sorreggere i giacigli, i porta lucerne, le mangiatoie e le scale che collegavano le varie abitazioni come in un "condominio".

interno di una grotta
esterno di una grotta
interno di una grotta
grotta a due piani
interno di una grotta
vasca/mangiatoia di una grotta
ingresso di una grotta
 In una di esse è stato ricostruito l'ipotetico povero arredamento.

ricostruzione di abitazione rupestre
Di alcune grotte si conosce il nome degli ultimi ultimi "inquilini":
"Agostina, vedova di Bartolomeo Brunetti, detta la Riccia".
Sono anche stati ritrovati frammenti di vasi in ceramica e oggetti d'uso quotidiano.

scale "condominiali"
pozzi per immagazzinare






















La cosiddetta "Chiesaccia", duecentesca e romanica, dedicata a S.Quirico, senza più il tetto e mancante di gran parte delle pareti, è quel che rimane della chiesa di Vitozza.

"Chiesaccia"
resti della "Chiesaccia"
resti della "Chiesaccia"


fiancata della "Chiesaccia"
navata della "Chiesaccia"
S'incontrano poi i ruderi di un secondo e di un terzo edificio fortificato.

Il secondo castello, posto all'estremità dello sperone tufaceo, aveva un fossato artificiale difensivo.

resti del secondo castello
resti del secondo castello
Sono presenti nel sito di Vitozza pozzi per l'immagazinamento delle derrate alimentari e per la raccolta dell'acqua.

Sono stati anche trovati numerosi "palmenti", vasche con dimensioni e livelli diversi per la pigiatura dell'uva.
La parola "palmento" deriverebbe dal latino "palmitis" ossia "tralcio di vite", o da "paumentum" ovvero "battere o pigiare".

palmento

All'estremità del pianoro si trovano grotte-colombari utilizzate dai Romani per l'allevamento dei piccioni e dei colombi, risalenti al I secolo a.C.

Si ritorna a questo punto sui propri passi per riguadagnare l'uscita.
L'ingresso è libero e non vi sono orari (non fatevi comunque sorprendere dal buio!).


CONCLUSIONI 
Per questa passeggiata silenziosa e solitaria (noi nel giro di due ore abbiamo incontrato solo una famigliola di turisti tedeschi), consiglio di indossare scarpe comode e un abbigliamento che non lasci scoperta troppo la pelle: non so se siamo capitati in una giornata particolare, ma siamo stati "attaccati" nel vero senso della parola, da più sciami di fastidiosissimi insetti, che sembravano infastiditi dalla nostra pur tranquilla invasione del loro habitat.
Non ci hanno lasciato un attimo in pace e sia per per questo, sia per non ritrovarci lungo il sentiero all'appropinquarsi dell'oscurità, siamo tornati indietro prima di visitare i colombari (peccato!).
Armatevi quindi di repellenti per gli insetti oppure immaginate di essere mucche al pascolo e di dovervi agitare in continuazione nella speranza di cacciare i "padroni di casa".

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