sabato 20 febbraio 2016

L'Abbazia di Farfa e il suo borgo


L'Abbazia di Farfa, che prende il nome dal fiume che attraversa la valle dove sorge, si trova nel Lazio, nella Sabina in provincia di Rieti, a circa 40 km da Roma.

L'abbazia si contraddistinse per le sue grandissime ricchezze: arrivò a possedere una vastissima porzione dell'Italia centrale, divenendo un piccolo stato con il suo esercito, le sue scuole, gli ospizi per i pellegrini, le officine ed una farmacia che distribuiva medicine gratuitamente agli indigenti.
Possedeva, tra i possedimenti in Sabina, nell'Umbria e nelle Marche, 132 castelli, due città (Alatri e Civitavecchia), 7 porti, 16 fortezze, 8 miniere, 7 saline, 82 mulini, 14 villaggi, 315 borghi, 683 chiese e cenobi, e 14 ville.


La badia sorse sopra un complesso di epoca romana che comprendeva forse il Santuario della dea Vacuna (divinità del riposo dei contadini presso gli antichi Sabini) e una villa (dell'epoca dell'imperatore Commodo).

Fu fondata nel V secolo da San Lorenzo Siro, venuto in Italia dalla Siria durante le persecuzioni degli eretici ariani.

Durante l'epoca longobarda la fiorente abbazia cadde in rovina.
Fu Tommaso di Moriana nel VII secolo a edificare un complesso monastico dopo aver trovato il luogo descrittogli dalla Madonna durante una visione.

Nell' VIII secolo l'abbazia godette della protezione del Duca di Spoleto Faroaldo II.

Nel IX secolo divenne un'abbazia imperiale, svincolata dal controllo pontificio, e sotto il patrocinio di Carlo Magno, che la visitò una settimana prima di recarsi a Roma per la sua incoronazione, e che le donò un ampio privilegio d'immunità.
A quei tempi l'abbazia possedeva infatti una nave esentata dai dazi nei porti dell'impero carolingio.

La Basilica carolingia, i cui resti sono stati identificati una prima volta nel 1927 e poi nel 1959 durante i lavori di rinnovamento del pavimento dell'attuale basilica, era composta da un coro o abside quadrato affiancato da due campanili (uno è scomparso), da un presbiterio, una navata ed un'abside rotonda (che rimase poi fuori dal perimetro della nuova basilica).

Il muro perimetrale a lesene del campanile è tipico dell'architettura carolingia (mentre le trifore della parte superiore sono state fatte in un periodo successivo).
Nella parte inferiore del campanile si trovava l'Oratorio del Salvatore.

campanile dell'Abbazia di Farfa
La basilica carolingia possedeva un ciborio in onice e oggetti preziosi tra i quali un cofanetto in oro e gemme donato da Carlo Magno, una croce d'oro con pietre preziose lunga un metro, due croci d'oro con reliquie della Croce, quattordici calici d'argento, due corone d'oro e argento e quattro sigilli in oro.

Sotto il pavimento della basilica carolingia sono venuti alla luce resti di mura e di torri, e tarsie in marmo prezioso dell'antica pavimentazione.
Dalla demolizione dell'altare seicentesco è riapparso l'altare carolingio.

pavimento della basilica carolingia nel transetto
pavimento della basilica carolingia nel transetto
La decadenza dell'impero e le scorrerie dei Saraceni, portarono al declino dell'abbazia, che resistette al loro assedio per sette anni prima di essere abbandonata dai monaci, e depredata e incendiata dagli assalitori.

I monaci in fuga si divisero in tre gruppi: un gruppo riparò a Santa Vittoria di Matenano nelle Marche, un gruppo fu trucidato a Rieti e il terzo gruppo si spostò a Roma prima di fare rientro a Farfa, dove vennero completati nel 913 i lavori di restauro della basilica.

chiesa abbaziale di Farfa
Dopo un periodo nel quale le potenti famiglie romane s'insediarono nei possedimenti dell'abbazia, e si giunse ad avere anche tre abati in lotta tra loro, il complesso monastico venne riformato secondo il modello dell'abbazia benedettina di Cluny (999). 

Durante l'epoca delle lotte per le investiture l'Abbazia di Farfa si schierò in favore di Enrico IV contro i Papi.
Per questo si pensò di spostare in un luogo più sicuro l'abbazia, scegliendo il monte Acuziano, dove però l'edificio monastico non fu mai completato (ne rimangono i cosiddetti ruderi di S.Martino davanti all'abitato di Fara Sabina).

Ruderi di S.Martino
Nel 1122 con il Concordato di Worms l'Abbazia di Farfa passò sotto l'autorità pontificia e ricominciò un nuovo periodo di decadenza.

Nel XIV secolo l'abate venne interdetto e scomunicato per non aver pagato le decime all Camera Apostolica.
Venne così posto a capo dell'abbazia un abate commendatario.
Il primo abate commendatario fu Carbone Tomacelli, cardinal nepote di Bonifacio IX.

Tra i responsabili dell'abbazia ci furono poi gli Orsini, che costruirono e nel 1496 consacrarono l'attuale basilica, i Della Rovere, i Farnese, e i Barberini che riordinarono il borgo adattandolo all'accoglienza delle due fiere che dal 1477 si tenevano due volte l'anno (l'8 settembre festa della Natività della Vergine e il 25 marzo festa dell'Annunciazione).

Le fiere duravano otto giorni, e i proventi ricavati dai monaci erano divisi tra la mensa abbaziale e conventuale.

laboratorio tessile
laboratorio di ceramica
Le botteghe del borgo venivano infatti cedute in enfiteusi o date in locazione ai mercanti che esponevano al piano terra delle case a schiera del borgo le loro mercanzie, mentre usavano il piano superiore come magazzino ed alloggio.
Inoltre le merci venivano tassate in entrata e in uscita secondo una tabella con 92 categorie merceologiche.

botteghe del borgo
botteghe del borgo
Le vie del borgo prendevano il nome dalle merci che vi si vendevano o dalla provenienza dei mercanti (che giungevano anche dalla Provenza).
Vi erano locande ed osterie, e venne costruita nel 1573 una fontana ad uso dei mercanti dal Cardinal Alessandro Farnese.

fontana fatta costruire dal Cardinal Alessandro Farnese
iscrizione dedicatoria della fontana
Nel 1639 a Palazzo Barberini a Roma venne rappresentato, musicato da Marco Marazzoli e messo in scena da Gianlorenzo Bernini, un intermezzo dal titolo "Fiera di Farfa" all'interno del melodramma "Chi soffre speri".

Nel 1798 l'Abbazia di Farfa subì il saccheggio dei Francesi e nel 1861 venne confiscata dallo Stato italiano che la vendette a privati.
Dal 1921 l'abbazia, dopo che la famiglia Volpi di Misurata donò la sua parte ai monaci, appartiene ai Benedettini della Basilica di S.Paolo fuori le mura di Roma.

Si entra nel cortile che precede la basilica consacrata alla Vergine, attraversando un portale romanico del XIV secolo con aggiunte gotiche, ornato da fregi floreali ed ovuli.

portale romanico d'ingresso
Nella lunetta del portale vi è un affresco quattrocentesco con rappresentazione della Madonna adorante il Bambino con due Santi e un monaco inginocchiato, e si nota sullo sfondo l'abbazia.

lunetta del portale romanico con Madonna adorante il Bambino con due Santi e un monaco inginocchiato
La facciata della chiesa abbaziale a salienti, è aperta da tre portali e da tre rosoni.

cortile davanti alla chiesa abbaziale
facciata della chiesa abbaziale
Il portale centrale è decorato con frammenti di edifici più antichi.
Nella lunetta è raffigurata la Madonna col Bambino, incoronata da due angeli tra S.Benedetto e S.Scolastica.

portale centrale della chiesa abbaziale
lunetta del portale centrale con Madonna col Bambino, incoronata da due angeli tra S.Benedetto e S.Scolastica
decorazioni del portale centrale della chiesa abbaziale
Sui pilastri che dividono la facciata in tre parti, si trovano dei leoni in pietra accovacciati.
Nella muratura della facciata sono stati utilizzati frammenti di sarcofaghi paleocristiani.

rosone centrale e frammenti di sarcofaghi paleocristiani nella muratura della facciata della chiesa
La chiesa a croce latina è divisa in tre navate da colonne marmoree e da archi a tutto sesto.
Sul grande arco vi è rappresentata l'Annunciazione e nei pilastri S.Benedetto e S.Scolastica.

navata centrale della chiesa - nel grande arco: Annunciazione
colonne della navata laterale destra
Nella parete di controfacciata vi è dipinto un Giudizio Universale di Henrik Van Der Broek (1561).

Giudizio Universale (controfacciata) e stemma Orsini nel soffitto
Il soffitto a cassettoni dorato è del 1494 e presenta lo stemma della famiglia Orsini.

Tra le finestre della navata maggiore vi sono dipinti gli Apostoli.
Sotto le finestre sono raffigurati i Dottori greci e latini, mentre negli ovali sopra le colonne i Padri Benedettini.

Apostoli, Dottori greci e latini e Padri Benedettini
Nei lunotti delle navate laterali sono state dipinte scene della vita di Ester e di Giuditta dai collaboratori di Orazio Gentileschi.

scena con Giuditta in un lunetto della navata laterale

Nell'abside poligonale con finestre gotiche e nelle navate laterali vi sono affreschi del XVI/XVII secolo: Storie della Vergine, Santi e Storie bibliche.

abside con coro ligneo
Il coro ligneo dell'abside è seicentesco.
L'altare maggiore è di epoca carolingia e il baldacchino che lo sovrasta, sorretto da quattro colonne in marmo verde, è opera recente.

Nel soffitto del coro e del transetto i fratelli Zuccari dipinsero grottesche di gusto rinascimentale.

grottesche sul soffitto del transetto
Sulla parete del transetto alla destra dell'abside è affrescata la figura di un abate: S.Lorenzo Siro.

Posta sulla destra dell'abside si trova la cosiddetta Madonna di Farfa, di autore ignoto del XIII secolo, ricoperta da una lamina di ottone sbalzato (XIX), che lascia scoperti solo i volti.

Madonna di Farfa
Nelle tre cappelle laterali sinistre lavorarono alla decorazione pittorica Orazio Gentileschi e i suoi allievi: nella prima cappella S.Orsola, nella seconda Madonna con Bambino e nella terza Crocifissione di S.Pietro.

Madonna col Bambino
Nella prima cappella laterale destra trova posto una Crocifissione.

Crocifissione
Terminata la visita della chiesa si può essere accompagnati all'interno del monastero per visitare gli annessi conventuali.

ingresso al monastero dell'Abbazia di Farfa
cortile d'ingresso del monastero
Dal cortile d'ingresso al monastero s'accede ai resti del coro quadrato della basilica carolingia e al campanile dove sono conservati affreschi medievali di scuola romana del XI secolo.

Chiostrino Longobardo
Si visita poi il Chiostrino Longobardo con bifora romanica del XIII secolo, il refettorio monastico con affreschi del XVII secolo e il Chiostro Grande costruito nel XVI secolo da Alessandro Farnese nipote di Paolo III.
Qui si può vedere nell'ingresso dell'abside rotonda della basilica carolingia, un sarcofago romano del II secolo d.C. con scene di battaglia tra Romani e Barbari.

Si può anche visitare la biblioteca statale che conserva sui suoi scaffali 45.000 volumi, incunaboli e preziosi codici.
Durante il medioevo la biblioteca di Farfa era una delle più ricche d'Europa.
Vi è qui conservato uno dei primi libri stampati in Italia : il "De Civitate Dei" di Sant'Agostino (1464).
Nel suo scriptorium la Minuscola Romana venne trasformata nella Romanesca Farfense.

Il piccolo museo espone alcuni antichi frammenti archeologici, mosaici, sculture e le illustrazioni realizzate da Emanele Luzzati delle scene del Chronicon Pharphense, la storia dell'Abbazia di Farfa scritta da Gregorio da Catino nel XII secolo, in cui si narra come S.Lorenzo Siro abbia liberato la valle da un drago dall'alito pestilenziale!

Si può anche accedere all'erboristeria dei monaci per acquistare i loro prodotti.

All'interno del convento non è possibile scattare foto.

www.abbaziadifarfa.it
Orario:  visite guidate di 1 h
              10.00/13.00   15.30/17.30
              martedì chiuso
Costo:    4€


Il borgo di Farfa sembra essersi fermato nel suo remoto passato: si respira un'atmosfera rilassata, circondati da negozi artigianali e di prodotti locali che ricordano quelli venduti secoli fa nelle stesse botteghe.

botteghe del borgo di Farfa
case del borgo di Farfa
via principale del borgo di Farfa
Vi sono due porte che delimitano la via principale del borgo: la Porta Montopoli e la Porta Toffia.

Porta Montopoli (fronte esterno)
Porta Montopoli (fronte interno)
Porta Toffia (fronte esterno)
Una solitaria torre ricorda il suo passato fortificato.

torre di Farfa

Nei pressi della Porta Montopoli, su un grande spiazzo dove i bambini del posto tirano qualche calcio ad un pallone, si trova una delle due fontane del borgo, con lo stemma dell'Abbazia di Farfa.

fontana vicina a Porta Montopoli
L'altra fontana, già citata, costruita da Alessandro Farnese, si trova invece di fronte all'ingresso della chiesa abbaziale, più vicina a Porta Toffia...
...e il borgo è tutto qui!


CONCLUSIONI
La magia di un luogo spesso è legata al suo passato e alla volontà di mantenerne vivido il ricordo.
Il borgo e l'Abbazia di Farfa sembrano essere luoghi dove il tempo non sia trascorso.
Serenità e pace sembrano circondare ogni edificio.
E il tempo sembra trascorrere lento, lontano dal caos e dalla vita frenetica che pervade le città.
Una vera oasi di tranquillità.

lunedì 15 febbraio 2016

Roma: il Museo Boncompagni Ludovisi per le arti decorative, il costume e la moda


Nel Seicento nell'area tra Porta Pinciana e Porta Salaria (sostituita dall'attuale Piazza Fiume), venne fatta costruire dal Cardinal Ludovico Ludovisi Villa Ludovisia, circondata da un parco.

Alla fine del Seicento le famiglie Ludovisi e Boncompagni si unirono.

Nel 1887 la proprietà appartenuta alla famiglia Boncompagni Ludovisi in quest'area fu lottizzata e la villa venne distrutta, per essere sostituita da un nuovo quartiere residenziale, con villini destinati all'aristocrazia e ad una ricca borghesia.

Villino Ludovisi (veduta facciata esterna)
Nel 1891 Luigi Boncompagni Ludovisi affidò a Giovanni Battista Giovenale il progetto di una nuova residenza, signorile anche se di più piccole dimensioni, nel nuovo quartiere che prendeva nome dalla sua illustre famiglia.

Il villino, con annessi un piccolo giardino e una dependance sul retro, fu realizzato nello stile eclettico tipicamente romano del barocchetto, dove muratura e stucco sostituirono la cortina in laterizi e i marmi tipici del barocco.

Vllino Ludovisi (facciata sul giardino)
Esternamente il villino presenta elementi barocchi (come le lesene, i timpani delle finestre, le cornici marcapiano) e liberty.
Le decorazioni floreali della balaustra sovrastante la bow-window, della ringhiera del terrazzo e dei fregi delle finestre sono tipicamente liberty.

Sulla facciata interna si apre un portale con scalone degradante sul giardino, sormontato al primo piano da una loggia con colonne.
All'estremità di questa facciata si trova una bow-window.

ringhiera in stile liberty del terrazzo che corona il villino
 balaustra della bow-window in stile liberty
fontana addossata alla facciata rivolta sul giardino
La facciata opposta è caratterizzata da un vestibolo voltato, una galleria carrabile dove ad un'estremità si apre il portale monumentale esterno del villino, e sotto il quale si apre, preceduto da una breve scala, il portale che introduce nell'atrio della residenza.

facciata sulla strada ed entrata monumentale del villino
portale esterno del villino
portale d'accesso all'atrio del villino
Originariamente il piano interrato e il piano ammezzato erano adibiti ai servizi e alla servitù, mentre la famiglia occupava il primo piano.

Negli anni '30 il villino venne ristrutturato da Andrea Boncompagni Ludovisi e dalla sua seconda moglie, Alice Blanceflor.

Andrea Boncompagni Ludovisi

Alice Blanceflor Boncompagni Ludovisi de Bildt





Il primo piano divenne il piano di rappresentanza, mentre il secondo piano rappresentò la zona notte.

Questa residenza venne frequentata da aristocratici, diplomatici, dignitari ecclesiastici, e ospitò anche Re Gustavo di Svezia (il padre della principessa Alice Blanceflor era un diplomatico svedese).

Nel 1972 la principessa Alice Blanceflor donò allo Stato il villino (insieme a mobili, quadri, arazzi di manifattura fiamminga del Seicento e a ceramiche), con la promessa che divenisse un museo delle arti decorative, del costume e della moda del periodo moderno.

E così nel 1995 la residenza aristocratica divenne uno dei poli museali della Galleria Nazionale di Arte Moderna.

Il primo piano, che  ha mantenuto nel tempo il suo aspetto, è arredato con con elementi seicenteschi e ottocenteschi in stile Decò, mentre il secondo piano, divenuto museo, raccoglie dipinti e oggetti art nouveau di uso comune quotidiano che avevano acquisito negli anni Venti un valore estetico, e che sono rappresentativi di quel lusso della società italiana prima della prima guerra mondiale.
Nelle sale del museo sono inoltre esposti abiti e accessori donati dal 1996 da alcuni stilisti italiani.

La visita del museo incomincia nell'atrio dove si aprono le quattro sale del piano di rappresentanza.

In quest'ambiente si trovano appese alle pareti due marine di A.Manglard (XVIII secolo).
L'arredamento è composto da due consolle rocaille in legno intagliato e dorato (XVIII secolo), sulle quali poggiano due vasi di porfido rosso e bronzo dorato (XIX secolo).
Una colonna di granito rosso, posta tra due porte, è sormontata da un busto-ritratto virile bronzeo  (XIX secolo).

vetrina dell'atrio con porcellane
Nelle quattro vetrine incassate nelle pareti sono esposte le collezioni di porcellane dei Principi Boncompagni: esemplari della Manifattura Meissen, statuette della Konigliche Porzelan Manufactur di Berlino e piatti cinesi (XVIII secolo).

vetrina dell'Atrio
vetrina dell'Atrio






















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Sulla destra dell'atrio si trova la cosiddetta Sala di Papa Boncompagni.

Sala di Papa Boncompagni
Dopo la ristrutturazione degli anni '30 questa sala divenne la sala da pranzo della residenza.
Oggi è presentata come uno studiolo immaginario di Papa Gregorio XIII Boncompagni, di cui se ne può vedere il ritratto sopra la grande mensola in marmo cipollino (XVII secolo).
Un arazzo era posto un tempo sopra la mensola.

ritratto di Papa Gregorio XIII Boncompagni
Sulla parete sinistra è invece appeso il ritratto di un altro illustre membro della famiglia, il Cardinal Boncompagni.

Ritratto del Cardinal Boncompagni (XVI sec.) - scrivania i legno (XVII sec.) -  riproduzione in bronzo della Colonna Traiana (XIX sec.) - seggiolone in cuoio (XVII sec.)
Al di sotto del ritratto vi è un seggiolone in cuoio (XVII secolo) e una scrivania in legno (XVII secolo), sulla quale poggiano una riproduzione della Colonna Traiana (XIX) ed un mappamondo con incisioni a specchio (1632).

mappamondo (1632)
Una fontanella in stile eclettico occupa la parete di fondo della sala insieme ad una specchiera.

fontanella e specchiera
Le sei applique in bronzo dorato con cariatidi di questo ambiente sono francesi e del periodo della Restaurazione.

Le sovrapporte sono costituite da due nature morte con pesci napoletane del Seicento.

Natura morta con pesci (XVII sec.)
Le grate in ferro battuto e dorato che coprono i termosifoni hanno disegni in stile liberty.
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Si passa quindi a visitare il Salone delle Vedute di Villa Ludovisi.

Salone delle Vedute
Di stile tardo barocco è la finta balaustra rappresentata sul soffitto insieme a vasi di fiori e stemmi della famiglia Boncompagni.
Al centro del soffitto la volta celeste.

soffitto con finta balaustra del Salone delle Vedute
La decorazione delle pareti realizzata a tempera con paesaggi a "trompe-l'oeil" presenta una riquadratura architettonica costituita da colonne binate, pilastri, balaustre marmoree e raffigurazioni di viali alberati in prospettiva.

Le pareti restituiscono l'immagine del parco dell'antica e distrutta Villa Ludovisi.

camino in marmo, consolle in ferro battuto e statuette di fauni musici nel Salone delle Vedute
Decorano l'ambiente un camino in marmo, due consolle in ferro battuto di stile eclettico (XIX secolo) sulle quali poggiano due statuette in bronzo rappresentanti fauni musici (XIX secolo), due specchiere in legno intagliato e dorato stile Luigi XV, una consolle in legno intagliato e dorato in stile tardo barocco sulla quale poggiano due candelabri in porfido e bronzo con rappresentazioni di figure femminili, due stipi in legno laccato e intarsiato decorato con cineserie su fondo nero (XIX secolo) e lampade in stile Decò.

consolle in legno e specchiera
candelabri con figure femminili


fauno musico
stipo laccato con cineserie e abiti da sera (smoking di Angelo Litrico)
Sono presenti in questo salone due ritratti di donne: uno è quello della Principessa Alice Blanceflor (Philip de Làszlò) e l'altro è quello di sua madre Alexandra Keiller (Christian Myer Ross).

Principessa Alice Blanceflor (Philip de Làszlò)
Alexandra Keiller (Christian Myer Ross)
Un salotto settecentesco con divano e poltrone "bergere" in damasco giallo completano l'arredo. 

salotto e poltrone "bergere" nel Salone delle Vedute
Già in questo salone sono presenti gli abiti della Collezione di Alta Moda donati al museo da grandi stilisti italiani: Gattinoni, Litrico, Raffaella Curiel, Fausto Sarli, Marella Ferrero, Lorenzo Riva, Renato Balestra, Valentino.

Collezione d'abiti di Alta Moda nel Salone delle Vedute
abiti d'Alta Moda
abito d'Alta Moda




abito d'Alta Moda
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Eccoci ora a visitare quello che in origine era un salotto, la cosiddetta Sala della Culla.

Sala della Culla
La sala, dedicata alla famiglia reale italiana, prende il nome dalla monumentale culla in bronzo, argento e oro, con decorazione allegorica, commissionata  dal comune di Roma allo scultore Giulio Monteverde e donata ai sovrani Emanuele ed Elena in occasione della nascita della loro primogenita Jolanda (1901).
Lo Stato la riacquistò nel 1995.

culla dei Principi Reali
Nella sala si trova il ritratto in bronzo della Regina Margherita.

Ritratto della Regina Margherita
La carta da parati della sala con uccelli e racemi è francese (XIX secolo).
Alle pareti sono appese quattro applique del XVIII secolo.

carta da parati della Sala della Culla
carta da parati della Sala della Culla


applique della Sala della Culla
Un orologio da parete richiama gli elementi decorativi della carta da parati e delle applique.

Il camino marmoreo in stile liberty è provvisto di alari in bronzo con volute e uccelli (stile Luigi XV).

camino, alari e orologio della Sala della Culla
Due candelabri in bronzo con decorazioni che richiamano l'arte egizia (XIX secolo), sono posti sul ripiano del camino insieme ad un orologio da tavolo in legno dorato, intagliato e dipinto rococò.
Sopra il camino si trova una specchiera anch'essa rococò.

consolle in legno dorato della Sala della Culla
Un altro elemento dell'arredamento di questa sala è una consolle in legno intagliato e dorato decorata con un medaglione con testa femminile, posizionata vicino al camino.
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La visita del primo piano del museo si conclude con la Sala degli Arazzi, dedicata alle mostre temporanee.

Sala degli Arazzi
La sala prende il nome dai cinque arazzi con scene silvestri e animali di manifattura fiamminga (XVI secolo).
Durante la nostra visita gli arazzi seicenteschi avevano lasciato il posto ad una serie di arazzi moderni italiani nell'ambito di una mostra temporanea.

La sala di forma rettangolare con finta volta a specchio, termina verso il giardino con un una bow-window con soffitto a cassettoni.

bow-window con soffitto a cassettoni della Sala degli Arazzi
Il pavimento in marmo ha un disegno neo-seicentesco.
Il camino è in marmo africano.

pavimento e camino in marmo
Tra le tre finestre vi sono consolle in legno intagliato e dorato in stile rocaille (XVIII secolo).

consolle in stile rocaille
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La visita prosegue al piano superiore.

Una sala accoglie in parte il Ciclo della Primavera: quattro delle diciotto tele che Galileo Chini realizzò per decorare il salone d'onore della Biennale di Venezia del 1914, dedicato allo scultore croato Ivan Metrovi.


I pannelli sono realizzati a tempera con rilievi a stucco ricoperti da fogli dorati e argentei.

pannelli della Primavera (G.Chini)
In questo ciclo sono espressi i temi del liberty italiano, ispirati dai motivi decorativi di Klimt.
E' espressa un'iconografia floreale insieme a triangoli e a poche figure femminili.

figura femminile nella Primavera
figura femminile nella Primavera


figura femminile nella Primavera
figura femminile nella Primavera
particolare dei motivi a triangolo della Primavera (G.Chini)
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Sono stati raccolti nel corridoio e nella veranda del villino opere che descrivono il periodo tra la fine del XIX secolo e la prima guerra mondiale, attraverso ritratti femminili dell'epoca della Belle Epoque.

sala Belle Epoque
Signora Dall'Oppio (Lionne)
Nella cabina (Arturo Noci)
La visita (Camillo Innocenti)
Sera d'estate (Camillo Innocenti)
Donna dal ventaglio (Richard Emile Miller)
Ma non mancano i ritratti che denotano l'emergere di nuove categorie sociali.

Ritratto (Passaglia)
Il giornalista Augusto Mazzucchetti (Bazzano)
L'arredamento posto in questi ambienti è di stile eclettico.

panca (Eugenio Quarti)
tavolo in legno intagliato
Torciera (Alessandro Mazzucotelli)

Anche nell'attigua sala i ritratti esposti sono del periodo della Belle Epoque.

La Contessa Daisy De Rabilant Franceschetti di Malgrà (Giacomo Grosso)
Ritratto di Giovane donna (Edoardo Gelli)
Autoritratto (Virginia Tomescu Scrocco)
In chiesa (Camillo Innocenti)
Ritratto di mia moglie (Philip De Làszlò)
Ritratto in rosso (Pilade Bertieri)
Nella vetrina vasi di Olga Modigliani, una sedia di Vincenzo Cadorin e una sedia di Ernesto Basile.

vetrina della sala Belle Epoque
sedia (Ernesto Basile)
sedia (Vincenzo Cadorin)






















Completa questa sala la scultura in bronzo Pagina triste di Amleto Cataldi.

Pagina Triste (Amleto Cataldi)
E poi ancora abiti dell'epoca.

abito da sposa
abito Belle Epoque






















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La sala Ciambellotti e il Modernismo a Roma è dedicata all'opera del pittore, scultore, ceramista e grafico Duilio Ciambellotti che istituì una scuola di arti e mestieri.

Sala Ciambellotti e il Modernismo a Roma
La sua vetrata istoriata Visione eroica o I Guerrieri (Vetreria Picchiarini) vinse il primo premio alla Mostra della Vetrata artistica (1912).

Visione eroica o I Guerrieri (Duilio Ciambellotti - Vetreria Picchiarini)
particolare della Visione eroica o I Guerrieri (Duilio Ciambellotti - Vetreria Picchiarini)
Vasi e oggetti della vetrina sono di artisti della cerchia di Ciambellotti.
Tra le opere più interessanti il tappeto Smirne e le sculture Il pane e La carrozza.

vetrina della Sala Ciambellotti e il Modernismo a Roma
tappeto Smirne e oggetti e vasi di artisti della cerchia di Ciambellotti
al centro della vetrina la scultura Il Pane
Realizzato per l'Esposizione Universale del 1911 è il dipinto Grande veduta di Roma dall'Ara Coeli di Umberto Principe.

Grande veduta di Roma dall'Ara Coeli (Umberto Principe)
Di Vittorio Grassi è la poltrona azzurra e il dipinto Ascensione.

Ascensione (V.Grassi)
poltrona azzurra (V.Grassi)






Di Ciambellotti è invece il Manifesto con le Aquile imperiali realizzato per celebrare il cinquantesimo dell'unità d'Italia.

Manifesto con le Aquile imperiali (D.Ciambellotti)
Gli abiti esposti nella sala sono della Sartoria Giuseppe Paradisi (1919/1925).

abiti della Sartoria Giuseppe Paradisi
abiti della Sartoria Giuseppe Paradisi






















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Nella successiva sala Tra Futurismo e Decò sono raccolti opere e oggetti che hanno segnato gli anni tra il 1909 e 1915 (con lo stile Futurista) e quelli dallo scoppio della prima guerra mondiale agli anni Trenta (caratterizzati dalla contaminazione con lo stile Decò).

sala Tra Futurismo e Decò
sala Tra Futurismo e Decò
Nelle vetrine sono esposte opere d'arte decorativa tra le quali il tappeto I pellicani di Enrico Prampolini.

vetrina della sala Tra Futurismo e Decò
vetrina della Sala Tra Futurismo e Decò
tappeto con I pellicani (E.Prampolini)
Troviamo qui opere di Giacomo Balla (La Biondobruna - Linea di Velocità), di Antonio Berti (Ritratto della Principessa Marina Ruspoli), di Mancioli (due danzatrici).

Linea di Velocità (G.Balla)
La Biondobruna (G. Balla)
Ritratto della Principessa Marina Ruspoli (A.Berti)
Viene rappresentata la mondanità come nel Ritratto di Arturo Campanile (Leonetta Cecchi Pieraccini), il Ritratto del fotografo Gustavo Bonaventura (Oskar Brazda) e il dipinto Maschere (Gian Emilio Malerba).

Ritratto di Arturo Campanile (Leonetta Cecchi Pieraccini)
Ritratto del fotografo Gustavo Bonaventura(O. Brazda)
Maschere (G,.Malerba)
Altre opere esposte sono: Figura di donna (Antonio Donghi), Grata con gallo (Umberto Bellotto), Levriere (Nicola D'Antino), Il pellicano distratto (Enrico Prampolini).

Figura di donna (A.Donghi)
Grata con gallo (U.Bellotto)
Levriere (N.D'Antino)
Il pellicano distratto (E.Prampolini)
Nei tavoli-vetrina sono esposti accessori d'abbigliamento del periodo.

accessori d'abbigliamento
accessori d'abbigliamento
Gli abiti stile Charleston sono della Sartoria Antonelli e della Sartoria Giuseppe Paradisi.


abiti sartoriali
abiti sartoriali






















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L'esposizione museale continua in quell'ambiente adibito a stanza da bagno dopo la ristrutturazione del villino del 1932, ed è per questo che la sala viene dedicata a Gli Anni Trenta.

sala Gli Anni Trenta
L'elegante stanza da bagno fatta costruire da Andrea Boncompagni, dove predominano i colori giallo e verde, è ricoperta di marmi.

stanza da bagno
stanza da bagno


Le opere appese alle pareti di questa sala illustrano la moda delle signore dell'epoca attraverso il loro abbigliamento.

Le Amiche (Giorgio de Chirico)
Fattoressa d'Anghiari (Gianni Vagnetti) e tappeto di Rolando Monti
Signorina (Giannino Marchig)
Gerani (Pasquarosa Bertoletti Marcelli)
Arredi e abiti ricoprono il periodo che va dal 1930 al 1940.

vestaglie Anni Trenta
accessori degli Anni Trenta
lingerie degli Anni Trenta
abiti da sera di Sartoria romana
abito da sposa e abiti garden della Sartoria Paradisi


Vaso bianco-verde (Manifattura Cantagalli di Firenze)
Figura in piedi (A.Torresini)
poltrona (A.Marcucci)
poltrona esagonale (G.Chessa)
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Sono raccolti nell'ambiente denominato Piccolo Atelier della Moda le collezioni dei cappelli del museo (da fine Ottocento agli Anni '70), insieme ad alcuni accessori d'abbigliamento che completavano la mise delle signore (guanti, borse, scarpe, ventagli, ombrelli...), e  riviste di moda.

Collezione di cappelli e accessori d'abbigliamento
Collezione di cappelli e accessori d'abbigliamento
Collezione di cappelli e accessori d'abbigliamento
Collezione di cappelli e accessori d'abbigliamento
Collezione di cappelli e accessori d'abbigliamento
Collezione di cappelli e accessori d'abbigliamento
Sono anche esposti figurini d'alta moda e foto d'epoca.

figurini e foto d'epoca dell'atelier Fernanda Gattinoni e dell'atelier Sorelle Fontana
figurini e foto d'epoca dell'atelier Fausto Sarli
figurini e foto d'epoca dell'atelier Angelo Litrico
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Si conclude la visita nell'ambiente denominato La Palma dell'eleganza, dedicato ad una donna di grande bellezza, eleganza, cultura e raffinatezza, Palma Bucarelli, direttrice della Galleria Nazionale d'Arte Moderna dal 1941 al 1975.

ritratto di Palma Bucarelli
In questa sala sono esposti solo alcuni degli abiti che lei stessa ha donato al museo nel 1996.

abiti appartenuti a Palma Bucarelli
accessori di Palma Bucarelli con ricordi e testimonianze della sua vita
accessori di Palma Bucarelli con ricordi e testimonianze della sua vita
Sono qui raccolte anche foto che la ritraggono durate le manifestazioni eleganti a cui partecipava e alcuni giornali che hanno parlato del suo charme e delle sue capacità lavorative.

accessori di Palma Bucarelli con ricordi e testimonianze della sua vita

accessori di Palma Bucarelli con ricordi e testimonianze della sua vita
Questa sala costituisce oltre ad un doveroso omaggio ad un'eccellenza della cultura italiana, un trait d'union tra moda e valore artistico, tra il Museo Boncompagni e la Galleria Nazionale d'Arte Moderna, polo di cui fa parte.




www.museoboncompagni.beniculturali.it
Orario: martedì/domenica
             visite accompagnate       9.30-11.00-12.30-14.30-16.00-17.00
Costo: GRATIS

CONCLUSIONI
Come non rimanere affascinati da questo museo sconosciuto ai più, che con eleganza mette in mostra l'arte e i costumi di una società moderna italiana in continuo divenire, ritratta da artisti e testimoniata dall'arte della quotidianità.
Una testimonianza dovuta a quelle Arti, a volte considerate a torto minori, che hanno fatto e fanno grande il nostro Paese.